giovedì 19 aprile 2018
giovedì 12 aprile 2018
SCACCHIERA
ROBIE HOUSE – WRIGHT
Wright nasce nel 1867 nel Wisconsin. Nel 1876 vede per la
prima volta i giochi fröbeliani durante l’esposizione per
il centenario di Philadelphia. Ero cartoni e volumi colorati che potevano
essere combinati in infiniti modi sia bidimensionalmente che
tridimensionalmente. Wright stesso, parlando di questi giochi disse: “i lisci
triangoli di cartone e i levigati blocchetti di acero restarono impressi nella
mia memoria infantile e costituirono un’esperienza indimenticabile.” Infatti, Wright
nella sua progettazione assume una griglia
spaziale con la quale, giocando,
egli crea gli ambienti e il rapporto dell’edificio con l’intorno.
Altro imprinting
dell’architetto è senz’altro la prateria del Midwest in cui ha passato la sua
infanzia. La valle, l’orizzonte infinito,
le tessiture degli aratri sulle pianure e la tranquillità e l’armonia di quegli
spazi diventano i punti chiave della sua architettura. La griglia per Wright
diventa uno strumento di libertà
attraverso il quale rappresentare un’architettura che non è più rinchiusa in una scatola, ma vive in
simbiosi con ciò che la circonda.
I progetti di Wright possono essere suddivisi in 4 grandi
fasi, di cui la prima è quella delle Prairie
Houses (case nella prateria), che va dal 1900 al 1911 circa. Nel 1908, in
un numero di Architectural Record, Wright
scrive: “Noi del Midwest viviamo nella Prairie. La Prairie possiede una
bellezza che è la propria. Dobbiamo capire e accentuare questa bellezza naturale,
questa distesa tranquilla.” Ecco perché in queste architetture ritroviamo come
elemnti fissi tetti bassi, con una leggera pendenza, costruzioni basse e i muri
che prolungano le case, circondando i giardini privati. Nella sua Autobiografia
afferma che amava “istintivamente la Prairie, per la sua grande semplicità –
gli alberi, i fiori, il cielo stesso, formavano un contrasto affascinante. Mi
resi conto che nella Prairie il più modesto rilievo sembrava alto – ogni
particolare acquistava verticalità, le ampiezze si riducevano. Ebbi l’idea che
i piani orizzontali negli edifici appartenessero al terreno. Cominciai a
mettere in pratica quest’idea.” E sono proprio questi pochi “principi” che egli
utilizza nel progettare le case nella prateria. Altra novità, che si svilupperà
poi nelle architetture successive è la “pianta aperta” con grandi spazi
continui articolati da artifici architettonici, anziché divisori o porte. Altra
novità era il rispetto e l’amore che Wright aveva per la natura, egli, infatti,
riteneva opportuno salvaguardare la distesa lunga e piatta della prateria,
lasciata alla sua semplicità originaria in periferia, costruendo un livello
superiore da cui era possibile ammirarla in tutto il suo splendore.
Giochi di Fröbel
Robie House
Studio dell'impianto
Bang!
giovedì 5 aprile 2018
IMPRINTING
Il mio imprinting l’ho avuto nell’età dell’infanzia.
Quando avevo 4, 5 anni, ho vissuto in campagna con mia nonna. Ho sempre pensato
che nella zona in cui ho casa in Romania non ci fosse nulla di particolare, un
fiume che attraversa un’immensa pianura caratterizzata principalmente da
colture miste e, ogni tanto, qualche distesa boscosa. Mi è sempre sembrato
tutto piatto, orizzontale e privo di attrattiva. Abituata sin da piccola a
questo tipo di paesaggio, non ho mai dato troppa importanza a ciò che mi stava
attorno, né ho mai cercato di leggere con più attenzione quello che mi
circondava. O almeno così è stato finché non sono venuta a vivere in Italia. Da
allora, ogni anno che tornavo a casa, guardavo il paesaggio e la mia città con
occhi diversi, inizialmente con gli occhi nostalgici di chi vive lontano da
casa e successivamente con gli occhi curiosi di chi, anno dopo anno, riscopre
la propria terra. Proprio in questa fase, un bel pomeriggio estivo, ero in
campagna, dove ho vissuto alcuni anni della mia vita, e, camminando in mezzo ai
campi mi accorgo di una cosa ai miei occhi stupefacente. Sin da piccola, quando
mi portavano al paesino dove vivevo con mia nonna, lungo la strada osservavo
dal finestrino i campi, non riuscendo mai a vedere il paesino, che appariva magicamente davanti ai miei occhi,
così, di punto in bianco, e poi, così come era apparso, scompariva ogni volta che
andavo via. Ogni volta cercavo di capire il trucchetto ed ogni volta mi
sorprendevo di questa meravigliosa “magia” che avveniva sotto i miei occhi da
bambina. Era come se quel piccolo villaggio, pieno di vita, fosse coperto da
una strana teca che lo nascondeva al resto del mondo, quasi a proteggerlo.
Ecco, quel pomeriggio, mi sono resa conto della magia: il paesino si è
sviluppato all’interno di un avvallamento. Quest’enorme pianura è interrotta da
questo avvallamento e da sopra è impercettibile la presenza dell’intero
paesino, che si è sviluppato longitudinalmente all’interno di questo spazio. Al
di fuori dell’avvallamento lo spazio antropico rimane intatto, l’orizzonte è
libero a 360° e a pochi passi c’è la vita costruita dall’uomo, nascosta e
protetta dalla propria terra e che allo stesso tempo cerca di rispettare, senza
andare ad intaccare, questo orizzonte
infinito, che difficilmente si riuscirebbe a trovare altrove. Non mi ero
mai accorta di come questo posto a me tanto caro mi avesse influenzato, ma durante
la lezione sull’imprinting mi è bastato un attimo, senza alcuna esitazione, a
capire che quello è stato il mio imprinting. La predilezione verso un paesaggio antropico quasi intatto, verso
orizzonti liberi ed infiniti ne è la prova. Inoltre, altra caratteristica che
sono solita amare nelle architetture e che cerco, quando è possibile, di
inserire nei miei progetti è la frammentarietà,
l’isolato, il singolo. In Romania, infatti, prevalgono due tipi di abitazioni:
i grandi palazzi multi piano e le case unifamiliari ad uno o due livelli al
massimo, dove io ho vissuto. Questa cosa mi è rimasta ancor di più in mente dal
paesino di campagna, dove c’erano tutte case monofamiliari con un unico
livello.
Caratteristiche: orizzonale, nascosto, frammentato
SCHIZZI
SCELTA DELLE TRE AREE
Storia del quartiere
AREA 25
Diagramma solare area 25
Diagramma solare 63
Nel XIV secolo la famiglia Boccamazzi
costruì il proprio casale nella zona, proprio vicino alla torre in laterizio
del XIII secolo situata tra via Collatina e via Prenestina. Il 15 agosto 1457
venne acquistato dal cardinale Capranica che lo affidò agli studenti perugini
del Collegio di San Girolamo, che rinominarono il posto “Sapienza nuova”, da
cui deriva il nome stesso del quartiere, “Tor Sapienza”.
Il vero e proprio centro urbano si formò
negli anni venti quando il ferroviere Michele Testa realizzò prima 25
abitazioni economiche e successivamente ne costruì altre 100. Il 20 maggio 1923
veniva inaugurata la borgata di “Tor Sapienza”. Durante la seconda guerra
mondiale la torre fu utilizzata dall’esercito tedesco come deposito di
munizioni e venne fatta esplodere al momento della ritirata, causando il crollo
della torre centrale e di numerose gallerie sotterranee. Alla fine degli anni
novanta, grazie all’Accademia delle Belle Arti e al suo nuovo proprietario, la
torre venne completamente ristrutturata.
Il 6 febbraio 1941 viene emanata la legge n.
346, Norme per la creazione e per l’esercizio della nuova zona industriale di
Roma, e Tor Sapienza viene scelta come la più adatta per l’avvio di questa
nuova zona industriale. Negli anni ’80 il quartiere entra in un processo di
deindustrializzazione che ancora oggi va avanti.
AREA 25
Diagramma solare area 25
AREA 67
Diagramma solare area 67
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